Che l’acqua sia la risorsa più importante sulla Terra è cosa nota a tutti. Essa è stata capace di dare la vita al nostro pianeta, è stata capace di cambiarne la conformazione sotto l’aspetto geologico e ancora adesso sotto l’aspetto panoramico e paesaggistico.
Grazie alla sua presenza ed abbondanza, la Terra è ricoperta per ¾ da acqua, le prime forme di vita cellulare apparvero proprio negli oceani circa 3,5 miliardi di anni fa modificandosi in forme sempre più complesse (come gli esseri umani). Ma la dipendenza dall’acqua, fonte di vita essenziale, è sempre esistita.
Non c’è vita senza acqua e dovremmo imparare a gestirne ogni aspetto, senza sprechi. Oggi però, vorrei parlarvi di come, in Puglia, viene amministrata dall’Acquedotto Pugliese.
Iniziamo col dire che le principali fonti di approvvigionamento idrico della Puglia sono:
l’invaso artificiale di Occhito sul fiume Fortore: la cui diga, realizzata in materiali sciolti, è ubicata in agro di Carlantino (FG), al confine tra le regioni Molise e Puglia;
l’invaso artificiale del Locone sul torrente omonimo, la cui diga è ubicata in agro di Minervino Murge (BT) e le cui acque sono potabilizzate nell’impianto ubicato in contrada Lamalunga, sempre in agro di Minervino Murge;
le falde sotterranee esistenti nella nostra regione.
Ci sono poi altri sistemi di captazione nelle vicine regioni di Campania e Basilicata.
L’Acquedotto Pugliese è costituito da un complesso di infrastrutture acquedottistiche tra loro interconnesse. La prima importante realizzazione, che tuttora rappresenta la spina dorsale dell’intero sistema acquedottistico pugliese, è il Canale Principale, alimentato dalle acque del Sele e, a partire dagli anni 1870, da quelle del Calore.
La sua costruzione, fortemente voluta, tra gli altri, da Antonio Jatta, fu avviata nel 1906, con l’intento di risolvere il millenario problema della penuria d’acqua nella regione: già Orazio descriveva la Puglia come terra assetata: siderum insedit vapor siticulosae Apuliae (arriva alle stelle l’afa della Puglia sitibonda).
Difatti, non essendo il sottosuolo pugliese ricco di acqua facilmente estraibile, da sempre veniva adoperata l’acqua piovana raccolta in cisterne, che non garantivano quantità sufficienti e la necessaria prevenzione da epidemie.
Durante il fascismo (1922-1943), furono realizzati altri tronchi a servizio di zone non ancora raggiunte dall’acquedotto: tra questi, il principale è denominato Grande Sifone Leccese e costituisce il prolungamento del Canale Principale fino alla cascata monumentale che termina nel mare, utilizzata occasionalmente come scarico terminale della grande opera acquedottistica.
E’ realizzata ai piedi del santuario di Santa Maria di Leuca, ultima propaggine del Salento.
L’opera terminale fu inaugurata poco prima dell’inizio della seconda guerra mondiale dallo stesso Benito Mussolini, che per l’occasione donò la colonna romana installata lungo la discesa a mare.
L’Azienda gestisce reti idriche per oltre 21.000 chilometri (30 volte la lunghezza del Po), poco più di 10.000 chilometri di reti fognarie e 182 depuratori; è impegnata in un’importante opera di ammodernamento e potenziamento.
Tra le azioni più significative, la realizzazione di un innovativo sistema di telecontrollo delle reti che garantirà una gestione razionale della risorsa disponibile, un piano straordinario di ricerca delle perdite e di risanamento delle reti per un importo di 151 milioni di Euro, la realizzazione di dissalatori, potabilizzatori e nuove condotte adduttrici.
Dal 2009 l’Acquedotto Pugliese, nello stabilimento Aseco di Marina di Ginosa, produce compost che ricava dai fanghi provenienti dai depuratori, dalla frazione organica della raccolta differenziata e dai residui vegetali.