Fedro (15 ca. a.C. – 50 ca. d.C.), favolista latino.
Quel poco che sappiamo di lui si ricava dalla sua opera e dalle titolazioni dei codici. Era uno schiavo trace, giunto a Roma quand’era ragazzo, poi affrancato da Augusto.
Sotto Tiberio pubblicò nell’arco di alcuni anni, una raccolta di cinque libri, che gli valsero anche un processo nel 31 d.C., per avere disturbato Seiano e i potenti di allora. Trovò in seguito protezione presso altri liberti.
I libri di Fedro, in senari giambici, sono perlopiù apologhi di animali secondo il modello greco. Le raccolte di favole in prosa assegnate a Esopo, al quale Fedro dichiarò di ispirarsi, sono più tarde (risalgono al II-V secolo d.C.); in ogni caso, raccolte di favole in versi non esistevano prima di Fedro.
A lui, che nei prologhi dimostra una crescente autonomia dal modello, spetta il merito, come afferma egli stesso non senza fierezza, di aver elevato la favola alla dignità di genere letterario autonomo: prima di lui la favola esopica era rimasta al margine della cultura ufficiale, perché esprimeva il mondo degli schiavi e dei poveri, di quelli che non contano.
Fedro ripropose, attraverso l’apologo animale, il quadro di una società in cui dominano, in modo crudo, i rapporti di forza tra gli uomini.