La Fontaine, Jean de (Château-Thierry, Champagne 1621 – Parigi 1695), poeta e favolista francese.
Figlio di un ispettore delle acque e foreste, trascorse l’infanzia in un ambiente rurale e campestre, di cui si riflette il ricordo in alcune parti della sua opera.
Trasferitosi a Parigi, trovò la protezione di Nicolas Fouquet ma, quando questi cadde in disgrazia, dovette allontanarsi temporaneamente dalla capitale.
Quando tornò a Parigi, poté riprendere l’attività letteraria e la vita mondana; nel 1683 fu eletto all’Académie Française e frequentò gli scrittori più noti del suo tempo, come Molière, Racine, Boileau, Madame de La Fayette, Madame de Sévigné.
Fino alla vigilia della morte scrisse commedie, libretti d’opera e poemi, fra cui il racconto romantico in versi Gli amori di Psiche e Cupido (1669), una delle sue migliori creazioni poetiche.
La sua prima opera di rilievo fu un adattamento (1654) dell’Eunuco del commediografo latino Terenzio, ma la sua fama si fonda sulla pubblicazione di Racconti e novelle in versi (1644) che, visto il successo, negli anni seguenti (1667-1674) integrò con nuovi volumi.
Queste opere e le Favole scelte messe in versi (1668-1694) ne fecero uno dei più eminenti letterati francesi del tempo.
Le favole di La Fontaine si ricollegano al filone inaugurato da Esopo, ma anche al Decameron di Giovanni Boccaccio, all’Eptamerone di Margherita di Navarra e alle Cent nouvelles, attribuite ad Antoine de La Salle.
Tuttavia La Fontaine rielaborò le proprie fonti in modo originale e arguto, creando favole di raffinata semplicità che si distinguono per la narrazione vivace e spontanea e per la levigata colloquialità dei versi, che sanno toccare con grande naturalezza i più differenti registri del linguaggio.
La grande novità risiede nell’importanza data al racconto, che nelle favole esopiche passava in secondo piano rispetto all’insegnamento morale: al contrario, per La Fontaine la morale diviene il pretesto, più che lo scopo, della narrazione.
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