Gli ufficiali costituiscono la categoria di vertice del personale dell’ordinamento militare, essi sono l’elemento direttivo e dirigenziale delle Forze armate (la cui funzione tipica è l’esercizio del comando).
Agli ufficiali vengono anche demandate, con funzioni di complementarità, attribuzioni direttive in campo tecnico, logistico e amministrativo.
Le originarie caratteristiche eroiche e aristocratiche degli ufficiali rappresentavano i segni distintivi di una categoria di militari, destinata alle funzioni di comando in epoche storiche dove gli eserciti, dopo la disintegrazione dell’impero romano, andavano a ricomporsi attorno alle figure quasi mitiche di capi barbari, re e comandanti di interi popoli guerrieri.
Queste caratteristiche primordiali si conserveranno durante tutto il Medioevo e saranno perpetuate, aggiungendo quegli elementi di sacralità tipici del sistema politico occidentale noto come Respublica Christiana, dall’istituzione della cavalleria.
Il sistema feudale cristallizzerà questa situazione, facendo degli ufficiali l’espressione dell’aristocrazia ereditaria, legata al sovrano da vincoli di vassallaggio e di fedeltà.
Con lo sviluppo delle scienze militari, la specializzazione delle forze combattenti, l’acquisizione di nuovi strumenti di guerra (come le artiglierie), la professionalizzazione del mestiere delle armi, i tratti aristocratici vengono a essere ridimensionati (almeno in alcuni settori dell’Esercito.
Altri, come l’Arma di cavalleria, sino alla meccanizzazione e all’abbandono del cavallo, saranno gelosi custodi di queste tradizioni nobiliari) e tende a crearsi una categoria di specialisti della guerra, tecnicamente preparati.
Tra il XVII e il XVIII secolo gli eserciti vivono questa profonda trasformazione dei loro vertici e nascono le prime grandi scuole militari, deputate alla formazione degli ufficiali.
La Rivoluzione francese e le guerre napoleoniche rappresenteranno lo spartiacque definitivo tra la concezione aristocratica del mestiere di ufficiale e la concezione del comandante militare che basa le sue fortune e la sua carriera esclusivamente sul campo di battaglia.
L’ufficiale dovrà essere un professionista formato e dedicato interamente a un mestiere che richiederà sempre più conoscenze tecniche e specialistiche, oltre a tutte quelle virtù che fondano la peculiare etica militare, basata sulla regola fondamentale dell’onore.
La figura dell’ufficiale comandante, se perderà sostanzialmente i suoi tratti aristocratici, mantenendo però i simboli e il prestigio formale di quell’antica tradizione, conserverà e in un certo senso recupererà le caratteristiche eroiche, sino a quando le stesse non si infrangeranno irrimediabilmente contro i reticolati, le trincee e il tiro delle mitragliatrici della Prima guerra mondiale.
La grande guerra, che è stata soprattutto una guerra di logoramento e che ha visto impegnate tutte le risorse materiali e spirituali delle Nazioni coinvolte, ha posto in evidenza l’importanza della componente logistica e tecnica.
Questa componente sarà avvertita sempre più come una variabile strategica e sarà fondamentale nella seconda guerra mondiale, postulando la necessità di avere a disposizione e, quindi, formare, ufficiali specialisti in branche settoriali che nulla hanno a che vedere con il combattimento vero e proprio.
Nel secondo dopoguerra, non a caso, la sociologia militare americana si domanderà se l’ufficiale dovrà ancora possedere quelle caratteristiche eroiche di comandante militare o dovrà essere formato e comportarsi operativamente come un manager.
Questa parabola evolutiva della figura e della categoria degli ufficiali ha lasciato visibili tracce a livello giuridico, dove la disciplina normativa del reclutamento, dello stato giuridico e della progressione di carriera degli ufficiali sarà sempre molto sviluppata – talvolta troppo – costituendo la base di quel complesso rapporto giuridico tra questa figura professionale e la specifica amministrazione dello Stato, deputata a gestire questo stesso rapporto.
Nel nostro ordinamento giuridico, al di là della lenta mutazione della composizione sociologica della categoria, la Costituzione ha indubbiamente contribuito a livello normativo a omogeneizzare tutte le categorie di militari, provocando il cambiamento della regolamentazione disciplinare e il progressivo riavvicinamento delle normative di stato giuridico
Ciò sulla base del principio fondamentale dell’uguaglianza e della pari dignità, espressi in sintesi dall’art. 52, ultimo comma Costituzione, dove viene sancito che l’ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica.
L’approccio, quindi, alla materia degli ufficiali delle Forze armate, se pur deve tener conto dell’evoluzione storica e di quegli elementi tradizionali, ancora importanti a livello etico e deontologico, deve necessariamente procedere su un piano di positiva analisi delle norme giuridiche che hanno completamente “laicizzato” questa figura professionale.
La categoria ha avuto una sua sistemazione giuridica omogenea con la legge 10 aprile 1954 n. 113, recante lo stato degli ufficiali dell’Esercito, della Marina e dell’Aeronautica, cui facevano riferimento anche gli ufficiali della Guardia di finanza, ai sensi dell’art. 1, della l. 15 dicembre 1959, n. 1089, riguardante lo stato e l’avanzamento degli ufficiali della Guardia di finanza.
(Fonte: Pubblicazione in uso alla Scuola Ufficiali dei Carabinieri per il reclutamento dei Sottotenenti in s.p.e.)
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