Rifletto spesso sul concetto di equità e proporzionalità e mi chiedo sempre quale sia il metodo migliore da applicare riguardo una “divisione”. Ovviamente non c’è una risposta assoluta a questo mio piccolo dilemma ma io proverò ad esporre la mia idea.
Siamo a tavola ed arriva la torta.
Generalmente si divide il dolce in fette uguali ma poi, come accade sempre, c’è chi fa il bis o mangia tre o quattro fettine (ingordo!) e c’è chi non ne prende nemmeno una.
Ecco che in questo caso l’essere stati equi si è dimostrata la scelta non ottimale.
Ci sono da pagare le tasse?
Senza entrare nei dettagli del fisco, sappiamo che il criterio con cui vengono (o dovrebbero) pagate le imposte è in base al reddito dichiarato, quindi in forma proporzionale ai propri guadagni. Sarebbe assurdo pensare che un qualsiasi Mario Rossi operaio in fabbrica paghi le stesse tasse di Totti o Vasco Rossi, giusto??
Perché queste riflessioni?
Perché suppongo che anche nei rapporti umani si pone la scelta di come suddividere il proprio tempo o le proprie energia per gli altri: in modo equo o proporzionale?
Prendiamo i genitori di due o più figli: dicono di comportarsi allo stesso modo con ognuno di loro ma in realtà non è cosi.
Infatti, i genitori hanno sempre un occhio di riguardo per il figlio maggiormente in difficoltà; non è una questione di preferenza o di voler più bene a uno rispetto ad un altro ma semplicemente scelgono di dividere le loro energie in modo proporzionale a secondo delle esigenze della prole. Il significato della La parabola del figliol prodigo ne è una dimostrazione.
Ecco come il padre giustifica il suo gesto al figlio che si è sempre comportato bene:
« figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. » (Luca 15,31-32)
Se il padre fosse stato equo non avrebbe dovuto accettare il ritorno del figlio dissipatore per rendere giustizia al figlio-modello che si era sempre comportato in modo perfetto ma cosi non è stato (giustamente direi).
Prendiamo le amicizie.
La fine di un’amicizia avviene non appena iniziamo a valutare e misurare il comportamento del nostro amico rispetto al nostro. Lui non mi chiama mai mentre io gli telefono spesso, Io l’invito ma lui non fa altrettanto con me …
Sono tutte frasi legate all’equità che si vorrebbe stabilire tra persone ma che in realtà non è possibile pretendere per un’infinità di motivi, in primis perché la vita stessa è imperfetta (ognuno ha un destino che è oggi la somma di tante esperienze passate, perché c’è chi è più felice e chi lo è meno, chi è ricco e chi è povero, chi è nato in Africa e chi in Giappone …).
In definitiva, nessuno è equo e ciò lo si esprime ogni giorno nei rapporti con gli altri.
Meritano una nota speciale gli avari: loro hanno ma non danno perché devono conservare. Per avari intendo non solo chi accumula ricchezza in danaro ma soprattutto gli avari in sentimenti. In questo caso non si parla ne di proporzionalità ne di equità ma solo di aridità mentale.
Ecco la mia conclusione: i rapporti tra le persone sono spiegati giustamente dalla legge della proporzionalità; chi più ha più da ma senza pretendere poi di ricevere nella stessa misura in cui si è dato.
Se riuscissimo a ragionare in questi termini forse (ma dico forse) ci sarebbe più collaborazione e disponibilità, in tutti i campi, da quelli personali a quelli sociali.
Voi che ne pensate?
Autore: Mario Monfrecola (già www.faccebook.eu)