Il 27 dicembre 1944 fece la comparsa nelle edicole romane il primo numero del settimanale “L’Uomo Qualunque”, fondato e diretto da Guglielmo Giannini.
« Questo è il giornale dell’uomo qualunque, stufo di tutti, il cui solo, ardente desiderio, è che nessuno gli rompa le scatole. » Così si pronunciava nel suo editoriale di presentazione, in una Italia non ancora completamente fuori dal conflitto e con le ferite ancora aperte per la devastante partecipazione ad una guerra che pochi avrebbero voluto.
Con quel giornale nacque il “qualunquismo”, un movimento che raccoglieva il malcontento degli italiani.
Alla base di questa apparentemente nuova ideologia, vi era la convinzione che tutti i politici fossero simili nel difendere i loro privilegi, litigando tra loro senza preoccuparsi del fatto che il Paese avvertisse invece la necessità di una buona amministrazione generale, le cui vittime altri non erano che i cittadini spremuti come limoni in un vortice di tassazioni.
Giannini intendeva dar voce a questi cittadini, all’Uomo Qualunque appunto, chiamandoli ad una più diretta e convinta partecipazione alla gestione della cosa pubblica.
Il suo giornale fece una satira accanita con frequente ricorso all’insulto ed allo storpiamento dei cognomi degli avversari politici e riuscì ad attirare verso il suo movimento, costituitosi poi in partito politico nel 1946, con una importante affermazione che gli consentì di far eleggere 30 deputati all’assemblea costituente.
Tuttavia la debole strutturazione interna al movimento, l’assenza di un piano politico ben preciso, una gestione dittatoriale da parte del Giannini con numerose epurazioni dei “dissidenti”, nonchè i falliti tentativi di alleanze politiche con il PCI, il MSI e la DC dell’epoca, l’Uomo Qualunque si avviò presto verso il declino, scomparendo definitivamente appena tre anni dopo, nel 1949.
Difficile non cogliere le numerose analogie moderne con il Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo.
Anche il M5S infatti altro non ha fatto, sin dalle prime azioni propagandistiche messe in atto da Beppe Grillo, che raccogliere il malcontento della gente comune, che ne hanno fatto la strategia vincente, tanto che a popolarità raggiunta dal movimento si è concretizzata nella costituzione in partito politico, che importanti obiettivi elettorali è riuscito a raggiungere.
Ma anche a Grillo, come a Giannini, molti rimproverano la gestione dittatoriale, le epurazioni al suo interno con la mala cacciata dei dissidenti o, comunque, degli allineati alla protesta.
Tantissime ormai le defezioni di molti suoi rappresentanti transitati anche in altri gruppi politici. Ma le analogie non si fermano qui. Il rimprovero più frequente è anche quello dell’assenza di programma politico ben delineato, limitandosi esso (a dire dei suoi detrattori) ad una protesta senza proposta (o sterile proposta che sia).
Certo, sono cambiati i metodi di propaganda (al settimanale di Giannini adesso Grillo contrappone la consultazione via web), ma in effetti le analogie appaiono molto evidenti.
Il sistema politico italiano è ormai considerato quale vera causa del profondo distacco intellettuale con i cittadini, peraltro spremuti, oggi come ieri, da un sistema fiscale spesso iniquo e pressante che trae risorse dai meno abbienti trascurando volutamente le lobby dei più ricchi ma meno pressati fiscalmente (in proporzione).
Finirà presto il M5S così come si esaurì l’Uomo Qualunque?
Ricordando Manzoni… ai posteri l’ardua sentenza…
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