Le creative commons sono un gruppo di “modelli di licenze”, utilizzabili per la concessione dei diritti di copyright su qualsiasi opera multimediale, come ad esempio un film, un software, un brano musicale e così via.
Allo stesso modo della più conosciuta e blasonata licenza GNU/GPL, le creative commons si pongono in alternativa alla licenza commerciale classica e hanno, generalmente, lo scopo di favorire la diffusione gratuita delle opere intellettuali e multimediali e non quello di fare guadagnare l’autore o l’editore.
Le licenze creative commons sono nate negli Stati Uniti nel 2001 per iniziativa di un noto protagonista del mondo dell’informatica e del copyright, Lawrence Lessig.
Questi è un professore di diritto della Stanford University che in molti casi, e in molte cause dibattute oltreoceano, ha cercato di affermare una concezione più allargata del diritto d’autore a favore di una maggior diffusione della conoscenza.
Il problema delle licenze creative commons, fino a poco tempo fa, risiedeva nel fatto di essere state scritte tenendo presenti le leggi statunitensi.
Autori ed utenti di molti altri Paesi, tra cui l’Italia, avrebbero voluto utilizzare questi schemi di licenza, però, naturalmente, non poteva essere sufficiente farne una mera traduzione.
Era infatti necessario un lavoro accurato, da parte di giuristi esperti, che, tenendo conto dello spirito originario di ogni singola licenza e, soprattutto, dei suoi scopi, volta per volta diversi, forgiassero altrettanti testi che fossero non solo in lingua italiana ma anche coerenti con le disposizioni nazionali in materia di diritto d’autore.
Questo lavoro è stato finalmente compiuto e non solo per l’Italia, tanto che le creative commons a tutt’oggi sono state “localizzate” in una ventina di paesi.
Tra i principali ricordiamo: Australia, Austria, Brasile, Canada, Cina, Croazia, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Israele, Italia, Giappone Regno Unito e Svezia. Per quanto riguarda l’Italia, il testo ufficiale delle licenze, insieme a tutti gli altri materiali relativi al progetto, si trova all’indirizzo http://creativecommons.it.cnr.
La “traduzione” è stata realizzata dal Dipartimento di scienze giuridiche dell’Università di Torino e dell’Istituto di elettronica e di ingegneria dell’informazione del CNR (IEIIT), naturalmente in collaborazione con la Creative commons.
Le licenze, attualmente, possono essere raggruppate in quattro tipi che si distinguono tra loro sostanzialmente per lo scopo cui, pur nell’ambito di una nuova concezione del diritto d’autore, garantiscono libertà di utilizzo agli utenti.
1. Attribution.
Queste licenze consentono di copiare, distribuire, visualizzare e riprodurre l’opera multimediale alla sola condizione che l’autore venga riconosciuto come il solo titolare dei diritti sull’opera stessa e quindi anche per scopi commerciali.
Esse consentono anche di realizzare nuove opere che incorporano opere precedenti, come ad esempio un nuovo software che utilizza codice di un precedente applicativo rilasciato con una licenza di tipo “attribution”.
2. Noncommercial.
consente le stesse facoltà di quelle di cui al punto precedente, ma solo se l’utilizzo avviene per scopi non commerciali. Anche in questo caso, sempre che la nuova opera non venga creata per scopo di lucro, l’opera precedente rilasciata con una licenza di tipo “noncommercial” può essere presa e posta alla base di una nuova opera, come avviene frequentemente con il software.
3. No Derivative Works.
Consente di copiare, distribuire, riprodurre l’opera multimediale, ma non consente, a differenza di quanto previsto per le licenze attribution, di realizzare nuove opere basate sull’opera già esistente.
4. Share Alike.
Consente di realizzare opere derivate, cioè costruite sulla precedente opera intellettuale, solo a condizione che l’opera derivata sia distribuita con una licenza identica e cioè che consenta il libero utilizzo e riutilizzo dell’opera finale.
Questo gruppo di licenze è quello più simile alla GNU/GPL che ha da sempre lo scopo principale di favorire la diffusione del software libero.
Gli autori che vogliono rilasciare la loro opera con una delle licenze creative commons possono, per scegliere quella che fa più al caso loro, utilizzare il wizard on line messo a disposizione presso il sito della CC all’indirizzo http://creativecommons.org che ponendo domande anche in lingua Italiana guida il titolare del copyright nella definizione della licenza che meglio definisce gli usi che egli vuole siano fatti della sua opera.
Le opere multimediali che vengono rilasciate con una delle licenze creative commons possono essere munite di particolari metadati, secondo lo schema ufficialmente previsto da chi ha definito le licenze, che consentono a chiunque di verificare l’utilizzabilità dell’opera e quindi di sapere con precisione se e fino a che punto è in regola.
Non solo, ma questi metadati consentono anche di ricercare le opere rilasciate con questo gruppo di licenze aperte: in questo modo, ad esempio, un client di condivisione di file P2P come ad esempio Edonkey o Kazaa potrà essere impostato per ricercare e scaricare solo materiale liberamente disponibile.
(Articolo tratto dalla rivista PcOpen – non più edita)
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