Biancaneve (Jakob e Wilhelm Grimm)
TESTO RIDOTTO
C’era una volta una regina in attesa di un bambino che in una giornata invernale stava filando davanti alla finestra. Il davanzale era di legno d’ebano nero, e si stava ammucchiando già della neve. Ad un tratto si punse un dito ed alcune gocce di sangue caddero sulla neve.
La regina pensò: “Come mi piacerebbe avere una bambina dai capelli neri come l’ebano, dalle labbra rosse come il sangue e dalla pelle bianca come la neve!”
Ma dopo poco si ammalò gravemente e morì. Per qualche anno il re suo marito fu inconsolabile: poi un giorno incontrò una bellissima dama a caccia, ricca e nobile e decise di sposarla per dare una mamma a Biancaneve.
Ma ignorava che era in realtà una strega, esperta in pozioni magiche, con uno specchio magico a cui ogni giorno chiedeva: “Specchio, specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame!” per il gusto di farsi rispondere “La più bella mia regina sei tu”.
Non mancò poco che la malvagia regina prese il regno per sé, imprigionando il marito e mettendo Biancaneve a fare i lavori più umili. Ma la principessina cresceva e diventava sempre più bella.
Un giorno la regina chiese di nuovo allo specchio chi fosse la più bella del reame e lo specchio le rispose: “Tu mia regina sei sempre bellissima, ma Biancaneve è più bella di te!”
La regina non poteva tollerare una rivale, e così convocò un guardiacaccia suo fido e gli disse: “Porterai la principessa nella foresta, e la la ucciderai. Mi porterai poi il suo cuore come segno del delitto”.
Il guardiacaccia portò Biancaneve nella foresta ma al momento giusto non ebbe il coraggio di ucciderla. Le intimò di scappare nella foresta, e sulla strada del ritorno uccise un cerbiatto per portare il cuore alla regina.
Biancaneve corse a perdifiato nella foresta, fin quando non arrivò in una radura, dove sorgeva una minuscola e graziosa casetta: entrò e capì che ci viveva qualcuno, e pensò che abitassero sette bambini senza mamma. C’erano infatti sette ciotole, ed assaggiò da ognuna delle sette ciotole, poi provò sette diversi lettini, finché non si addormentò sull’ultimo.
Gli abitanti della casa erano sette nanetti che lavoravano nella miniera vicina. Rientrando trovarono Biancaneve e decisero di ospitarla, raccomandandole di essere estremamente prudente per via della regina cattiva. Per Biancaneve iniziò un periodo sereno, con nuovi amici ed a contatto con la natura.
Ma un brutto giorno la regina cattiva chiese di nuovo allo specchio chi era la più bella del reame. E lo specchio magico le rispose : “Al di là dei sette monti, al di là delle sette valli c’è la casa dei sette nani, in cui vive Biancaneve che è ancora più bella di te”.
La regina decise di uccidere Biancaneve: si travestì da vecchia mercante e portò con sé un cesto di bellissimi nastri. Giunta alla casa dei sette nani, impietosì Biancaneve e riuscì a convincerla a comprare un bellissimo nastro per la vita. La strega chiese di poterla aiutare a mettere il nastro, e strinse così forte da lasciare Biancaneve come morta a terra.
A sera giunsero i nani, che riuscirono a riportare in vita Biancaneve. La sgridarono e lei promise che sarebbe stata più attenta. Ma la regina scoprì grazie allo specchio che era ancora viva.
Si travestì da venditrice ambulante di pettini e spazzole e ribussò alla porta della casetta. Convinse Biancaneve a comprare un pettine che aveva intriso nel veleno. Con una scusa volle pettinarla e le piantò il pettine in testa. Biancaneve giacque a terra esanime. I nani tornarono alla sera, e riuscirono però ancora a salvarla togliendole il pettine dai capelli.
Ma la regina riscoprì tutto e questa volta prese una mela, una mela bellissima e la immerse in un veleno magico. Poi si travestì da mendicante, ed andò alla volta della casa dei nani. Biancaneve stava preparando una torta e impietosita le offrì una fetta. In cambio la strega travestita le diede la mela e Biancaneve diede un morso.
Subito cadde a terra morta. La strega fuggì felice: l’unico antidoto era il primo bacio d’amore, ma credeva che credendola morta i nani l’avrebbero sepolta. Ma i nani, disperati non vollero separarsi da Biancaneve e la misero in una bara di cristallo nella foresta, dove vegliarla in continuazione.
Un giorno il figlio di un re vicino, sempre solo e triste passò di lì. Biancaneve era così bella che chiese di poterla vedere da vicino e volle baciarla. Subito lei si risvegliò: i nani festeggiarono il suo ritorno. La regina cattiva morì di rabbia scoprendo tutto. Biancaneve sposò il principe, non dimenticò i suoi amici nani e vissero tutti felici e contenti.
TESTO INTEGRALE
Una volta, nel cuor dell’inverno, mentre i fiocchi di neve cadevano dal cielo come piume, una regina cuciva, seduta accanto a una finestra dalla cornice di ebano. E così, cucendo e alzando gli occhi per guardar la neve, si punse un dito, e caddero nella neve tre gocce di sangue. Il rosso era così bello su quel candore, ch’ella pensò:
“Avessi una bambina bianca come la neve, rossa come il sangue e dai capelli neri come il legno della finestra!” Poco dopo diede alla luce una figlioletta bianca come la neve, rossa come il sangue e dai capelli neri come l’ebano; e la chiamarono Biancaneve. E quando nacque, la regina morì.
Dopo un anno il re prese un’altra moglie: era bella, ma superba e prepotente, e non poteva sopportare che qualcuno la superasse in bellezza. Aveva uno specchio magico, e nello specchiarsi diceva:
– Dal muro, specchietto, favella:
nel regno chi è la più bella?
E lo specchio rispondeva:
– Nel regno, Maestà, tu sei quella.
Ed ella era contenta perché sapeva che lo specchio diceva la verità; Ma Biancaneve cresceva, diventava sempre più bella e a sette anni era bella come la luce del giorno e ancor più bella della regina. Una volta che la regina chiese allo specchio:
– Dal muro, specchietto, favella:
nel regno chi è la più bella?
lo specchio rispose:
– Regina, la più bella qui sei tu, ma Biancaneve lo è molto di più.
La regina allibì e diventò verde e gialla d’invidia. Da quel momento la vista di Biancaneve la sconvolse, tanto ella odiava la bimba. E invidia e superbia crebbero come le male erbe, cosi che ella non ebbe più pace né giorno né notte.
Allora chiamò un cacciatore e disse: – Porta la bambina nel bosco, non la voglio più vedere. Uccidila, e mostrami i polmoni e il fegato come prova della sua morte -.
Il cacciatore obbedì e condusse la bimba lontano; ma quando mosse il coltello per trafiggere il suo cuore innocente, ella si mise a piangere e disse: – Ah, caro cacciatore, lasciami vivere! Correrò verso la foresta selvaggia e non tornerò mai più -.
Ed era tanto bella che il cacciatore disse, impietosito: – “Va’ pure, povera bambina -. Le bestie feroci faran presto a divorarti”, pensava; ma sentiva che gli si era levato un gran peso dal cuore, a non doverla uccidere.
E siccome proprio allora arrivò di corsa un cinghialetto, lo sgozzò, gli tolse i polmoni e il fegato e li portò alla regina come prova. Il cuoco dovette salarli e cucinarli, e la perfida li mangiò credendo di mangiare i polmoni e il fegato di Biancaneve.
Ora la povera bambina era tutta sola nel gran bosco e aveva tanta paura che badava anche alle foglie degli alberi e non sapeva che fare. Si mise a correre e corse sulle pietre aguzze e fra le spine; le bestie feroci le passavano accanto, ma senza farle alcun male.
Corse finché le ressero le gambe; era quasi sera, quando vide una casettina ed entrò per riposarsi. Nella casetta tutto era piccino, ma lindo e leggiadro oltre ogni dire. C’era una tavola apparecchiata con sette piattini: ogni piattino col suo cucchiaino, e sette coltellini, sette forchettine e sette bicchierini.
Lungo la parete, l’uno accanto all’altro, c’erano sette lettini, coperti di candide lenzuola. Biancaneve aveva tanta fame e tanta sete, che mangiò un po’ di verdura con pane da ogni piattino, e bevve una goccia di vino da ogni bicchierino, perché non voleva portar via tutto a uno solo.
Poi era cosi stanca che si sdraiò in un lettino, ma non ce n’era uno che andasse bene: o troppo lungo o troppo corto, finché il settimo fu quello giusto: si coricò, si raccomandò a Dio e si addormentò.
A buio, arrivarono i padroni di casa: erano i sette nani che scavavano i minerali dai monti. Accesero le loro sette candeline e, quando la casetta fu illuminata, videro che era entrato qualcuno; perché non tutto era in ordine, come l’avevano lasciato.
Il primo disse: – Chi si è seduto sulla mia seggiolina? –
Il secondo: – Chi ha mangiato dal mio piattino? –
Il terzo: – Chi ha preso un po’ del mio panino? –
Il quarto: – Chi ha mangiato un po’ della mia verdura? –
Il quinto: – Chi ha usato la mia forchettina? –
Il sesto: – Chi ha tagliato col mio coltellino? –
Il settimo: – Chi ha bevuto dal mio bicchierino? –
Poi il primo si guardò intorno, vide che il suo letto era un po’ ammaccato e disse: – Chi mi ha schiacciato il lettino? – Gli altri accorsero e gridarono: – Anche nel mio c’è stato qualcuno -.
Ma il settimo scorse nel suo letto Biancaneve addormentata. Chiamò gli altri, che accorsero e gridando di meraviglia presero le loro sette candeline e illuminarono Biancaneve. – Ah, Dio mio! ah, Dio mio! – esclamarono: – Che bella bambina! – Ed erano così felici che non la svegliarono e la lasciarono dormire nel lettino.
Il settimo nano dormi coi suoi compagni, un’ora con ciascuno; e la notte passò.
Al mattino, Biancaneve si svegliò e s’impaurì vedendo i sette nani. Ma essi le chiesero gentilmente: – Come ti chiami? – Mi chiamo Biancaneve, – rispose. – Come sei venuta in casa nostra? – dissero ancora i nani. Ella raccontò che la sua matrigna voleva farla uccidere, ma il cacciatore le aveva lasciato la vita ed ella aveva corso tutto il giorno, finché aveva trovato la casina.
I nani dissero:
– Se vuoi curare la nostra casa, cucinare, fare i letti, lavare, cucire e far la calza, e tener tutto in ordine e ben pulito, puoi rimaner con noi, e non ti mancherà nulla. –
Si, – disse Biancaneve, – di gran cuore -. E rimase con loro. Teneva in ordine la casa; al mattino essi andavano nei monti, in cerca di minerali e d’oro, la sera tornavano, e la cena doveva esser pronta.
Di giorno la fanciulla era sola. I nani l’ammonivano affettuosamente, dicendo: – Guardati dalla tua matrigna; farà presto a sapere che sei qui: non lasciar entrar nessuno.
Ma la regina, persuasa di aver mangiato i polmoni e il fegato di Biancaneve, non pensava ad altro, se non ch’ella era di nuovo la prima e la più bella; andò davanti allo specchio e disse:
– Dal muro, specchietto, favella:
nel regno chi è la più bella?
E lo specchio rispose: – Regina la più bella qui sei tu; ma al di là di monti e piani, presso i sette nani, Biancaneve lo è molto di più.
La regina inorridì, perché sapeva che lo specchio non mentiva mai e si accorse che il cacciatore l’aveva ingannata e Biancaneve era ancor viva. E allora pensò di nuovo come fare ad ucciderla: perché se ella non era la più bella in tutto il paese, l’invidia non le dava requie.
Pensa e ripensa, finalmente si tinse la faccia e si travestì da vecchia merciaia, in modo da rendersi del tutto irriconoscibile.
Così trasformata passò i sette monti, fino alla casa dei sette nani, bussò alla porta e gridò: – Roba bella, chi compra! chi compra! – Biancaneve diede un’occhiata dalla finestra e gridò: – Buon giorno, brava donna, cos’avete da vendere? – Roba buona, roba bella, – rispose la vecchia, – stringhe di tutti i colori -. E ne tirò fuori una, di seta variopinta. “Questa brava donna posso lasciarla entrare”, pensò Biancaneve; aprì la porta e si comprò la bella stringa.
– Bambina, – disse la vecchia, – come sei conciata! Vieni, per una volta voglio allacciarti io come si deve -. La fanciulla le si mise davanti fiduciosa e si lasciò allacciare con la stringa nuova: ma la vecchia strinse tanto e cosi rapidamente che a Biancaneve mancò il respiro e cadde come morta. – Ormai lo sei stata la più bella, – disse la regina, e corse via.
Presto si fece sera e tornarono i sette nani: come si spaventarono, vedendo la loro cara Biancaneve stesa a terra, rigida, come se fosse morta! La sollevarono e, vedendo che era troppo stretta alla vita, tagliarono la stringa.
Allora ella cominciò a respirare lievemente e a poco a poco si rianimò. Quando i nani udirono l’accaduto, le dissero: – La vecchia merciaia altri non era che la scellerata regina; sta’ in guardia, e non lasciar entrare nessuno, se non ci siamo anche noi.
Ma la cattiva regina, appena arrivata a casa, andò davanti allo specchio e chiese:
– Dal muro, specchietto, favella:
nel regno chi è la più bella?
Come al solito, lo specchio rispose:
regina, qui la più bella sei tu;
ma al di là di monti e piani
presso i sette nani,
Biancaneve lo è molto di più.
A queste parole, il sangue le affluì tutto al cuore dallo spavento, perché vide che Biancaneve era tornata in vita. “Ma adesso, – pensò, – troverò qualcosa che sarà la tua rovina”; e, siccome s’intendeva di stregoneria, preparò un pettine avvelenato. Poi si travestì e prese l’aspetto di un’altra vecchia.
Passò i sette monti fino alla casa dei sette nani, bussò alla porta e gridò: – Roba bella! Roba bella! – Biancaneve guardò fuori e disse: – Andate pure, non posso lasciar entrare nessuno. – Ma guardare ti sarà permesso, – disse la vecchia; tirò fuori il pettine avvelenato e lo sollevò. Alla bimba piacque tanto che si lasciò sedurre e apri la porta.
Conclusa la compera, la vecchia disse: – Adesso voglio pettinarti perbene -. La povera Biancaneve, di nulla sospettando, lasciò fare; ma non appena quella le mise il pettine nei capelli, il veleno agì e la fanciulla cadde priva di sensi.
– Portento di bellezza! – disse la cattiva matrigna: è finita per te! – e se ne andò. Ma per fortuna era quasi sera e i sette nani stavano per tornare.
Quando videro Biancaneve giacer come morta, sospettarono subito della matrigna, cercarono e trovarono il pettine avvelenato; appena l’ebbero tolto, Biancaneve tornò in sé e narrò quel che era accaduto.
Di nuovo l’ammonirono che stesse in guardia e non aprisse la porta a nessuno.
A casa, la regina si mise allo specchio e disse:
– Dal muto, specchietto, favella:
nel regno chi è la più bella?
Come al solito, lo specchio rispose:
– Regina, la più bella qui sei tu; ma al di là di monti e piani, presso i sette nani, Biancaneve lo è molto di più.
A tali parole, ella rabbrividì e tremò di collera. – Biancaneve morirà, – gridò, – dovesse costarmi la vita -.
Andò in una stanza segreta, dove non entrava nessuno e preparò una mela velenosissima.
Di fuori era bella, bianca e rossa, che invogliava solo a vederla; ma chi ne mangiava un pezzetto, doveva morire. Quando la mela fu pronta, ella si tinse il viso e si travestì da contadina, e cosi passò i sette monti fino alla casa dei sette nani. Bussò, Biancaneve si affacciò alla finestra e disse: – Non posso lasciar entrare nessuno, i sette nani me l’hanno proibito. – Non importa, – rispose la contadina, – le mie mele le vendo lo stesso.
Prendi, voglio regalartene una. – No, – rispose Biancaneve, – non posso accettare nulla. – Hai paura del veleno? – disse la vecchia. – Guarda, la divido per metà: tu mangerai quella rossa, io quella bianca -. Ma la mela era fatta con tanta arte che soltanto la metà rossa era avvelenata. Biancaneve mangiava con gli occhi la bella mela, e quando vide la contadina morderci dentro, non poté più resistere, stese la mano e prese la metà avvelenata.
Ma al primo boccone cadde a terra morta. La regina l’osservò ferocemente e scoppiò a ridere, dicendo: – Bianca come la neve, rossa come il sangue, nera come l’ebano! Stavolta i nani non ti sveglieranno più -. A casa, domandò allo specchio:
– Dal muro, specchietto, favella:
nel regno chi è la più bella?
E finalmente lo specchio rispose:
– Nel regno, Maestà, tu sei quella.
Allora il suo cuore invidioso ebbe pace, se ci può esser pace per un cuore invidioso.
I nani, tornando a casa, trovarono Biancaneve che giaceva a terra, e non usciva respiro dalle sue labbra ed era morta. La sollevarono, cercarono se mai ci fosse qualcosa di velenoso, le slacciarono le vesti, le pettinarono i capelli, la lavarono con acqua e vino, ma inutilmente: la cara bambina era morta e non si ridestò.
La misero su un cataletto, la circondarono tutti e sette e la piansero, la piansero per tre giorni. Poi volevano sotterrarla; ma in viso, con le sue belle guance rosse, ella era ancor fresca, come se fosse viva.
Dissero:
– Non possiamo seppellirla dentro la nera terra, – e fecero fare una bara di cristallo, perché la si potesse vedere da ogni lato, ve la deposero e vi misero sopra il suo nome, a lettere d’oro, e scrissero che era figlia di re. Poi esposero la bara sul monte, e uno di loro vi restò sempre a guardia.
E anche gli animali vennero a pianger Biancaneve: prima una civetta, poi un corvo e infine una colombella.
Biancaneve rimase molto, molto tempo nella bara, ma non imputridì: sembrava che dormisse, perché era bianca come la neve, rossa come il sangue e nera come l’ebano.
Ma un bel giorno capitò nel bosco un principe e andò a pernottare nella casa dei nani. Vide la bara sul monte e la bella Biancaneve e lesse quel che era scritto a lettere d’oro. Allora disse ai nani: – Lasciatemi la bara; in compenso vi darò quel che volete -. Ma i nani risposero: – Non la cediamo per tutto l’oro del mondo. – Regalatemela, allora, – egli disse, – non posso vivere senza veder Biancaneve: voglio onorarla ed esaltarla come la cosa che mi è più cara al mondo -.
A sentirlo, i buoni nani s’impietosirono e gli donarono la bara.
Il principe ordinò ai suoi servi di portarla sulle spalle.
Ora avvenne che essi inciamparono in uno sterpo e per la scossa quel pezzo di mela avvelenata, che Biancaneve aveva trangugiato, le usci dalla gola.
E poco dopo ella apri gli occhi, sollevò il coperchio e si rizzò nella bara: era tornata in vita. – Ah Dio, dove sono? – gridò. Il principe disse, pieno a gioia: – Sei con me, – e le raccontò quel che era avvenuto, aggiungendo: – Ti amo sopra ogni cosa al mondo; vieni con me nel castello di mio padre, sarai la mia sposa -.
Biancaneve acconsenti andò con lui, e furono ordinate le nozze con gran pompa e splendore.
Ma alla festa invitarono anche la perfida matrigna di Biancaneve. Indossate le sue belle vesti, ella andò allo specchio e disse:
– Dal muro, specchietto, favella:
nel regno chi è la più bella?
Lo specchio rispose:
– Regina, la più bella qui sei tu; ma la sposa lo è molto di più.
La cattiva donna imprecò e il suo affanno era così grande che non poteva più dominarsi. Dapprima non voleva assistere alle nozze; ma non trovò pace e dovette andare a veder la giovane regina.
Entrando, riconobbe Biancaneve e impietrì dallo spavento e dall’orrore.
Ma sulla brace erano già pronte due pantofole di ferro: le portarono con le molle, e le deposero davanti a lei.
Ed ella dovette calzare le scarpe roventi e ballare, finché cadde a terra, morta.
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